Incrociare in diagonale e salire verso l'alto

lunedì 3 maggio 2010

santo licheri

l'altro giorno in treno, tornando da mela, mi è caduto l'occhio sul giornale, dico proprio il quotidiano di Mr B. In prima pagina svettava un coccodrillo su santi licheri (tralascio il fatto che il suo nome mi venga da storpiarlo in sante (quasi con il th) licheri riferendosi all'amena località marittima ligure o da cantarlo à la de gregori, uno dei tre coglierà subito l'e-citazione).
Di colpo ho realizzato come, di fatto, sia stato proprio Mr B. a creare (in maniera sorgiva) una sorta di mito dello spettacolo della giustizia, da lui oggi tanto avversata. Solo che in quel caso, e solo in quello, vi era (oltre a degli attori) una sorta di rispetto: quando il giudice usciva per deliberare e poi tornava per dirimere una volta per tutte le questioni. La legge era oracolo e oro-colato. certo, seguiva il dibattito, per cui c'era sempre chi non era d'accordo, ma la lex era rex. curioso. a volte sembra quasi di vivere nel suo sogno. per davvero.

domenica 7 marzo 2010

davanti alla porta della legge

caro quadro,

ti scrivo per due motivi.
non sento da un po' i miei compagni di pensieri.
non riesco più a entrare dentro di te.

non ti scrivo da qualche tempo, ma la vita prevale.
ho iniziato ultimamente un'attesa tutta nuova che mette da un'altra parte quella che prima si presentava come il tutto della vita. anche le idee, le passioni, le cose belle o meno da fare curvano e capisco meglio il significato della quarta dimensione: il nesso tra tempo e singolarità ti avvolge come il telomare scaldato dall'ultimo sole quando vieni su dall'ultima bracciata. tutta la giusta enfasi sul farla finita con l'identità e il soggetto che non sono mai esistiti e sono invenzioni recenti trovano una sensualissima triangolazione nel fatto che da te e da chi ami nasce un'altra vita.

e poi non riesco più a entrare dentro di te quadro. la cosa più che indispormi, so che le cose fra noi torneranno a filare lisce, più fa riflettere.
basta una minima disaffezione e subito l'operatività logica del tuo essere pone diaframmi fra noi. cambi di forma, ti aggiorni, muta la parola d'ordine che mi lascia passare da te, vorresti per questo aggiornarmi secondo i tuoi nuovi criteri, le tue nuove esigenze di utilizzabilità, rendendomi continuamente alla mano e malleabile, un corpo docile per la tua disciplina della connessione.
ecco quello che mi fa riflettere è questa operatività coatta che da te sembra spandersi in tutta la nostra socialità di questi tempi. sono pochi i silenzi nelle relazioni oggi, e non nel senso debolissimo del recupero di spazi di meditazione e di sospensione dalla ferocia della vita moderna, quella evocata dalla pubblicità del cinar fatta da elio e te storie tese. non quel silenzio munto da chi sfrutta l'arte, la letteratura e il cinema per far sentire alle persone che possono salvarsi: promesse e moralismo travestito di un cattolicesimo da tramonto della cultura, spengleriano e quindi potenzialmente un po' nazi.
toccare invece il cuore messo a nudo del reale e del nostro gioco di verità, la sua pulsazione, questo è il lavoro duro che ha spezzato la schiena a gente come philip roth; lo stare a distanza per caricare i legami di un'attesa, di un'intensità fatta proprio di piccole assenze, di sotrazioni al volere, alla manipolazione dell'altro, anche quando l'altro è una frase che non viene, come qualcuno o qualcosa che non arriva, ancora e ancora.
tutto quello che tende l'arco dell'amore, del rispetto, dell'affetto, del timore, della giustizia, della passione. la sconnessione delle intermittenze del cuore che dilata all'infinito in proust il venir a capo della storia, del periodo, dei personaggi, dei gesti, per lasciarci l'opportunità di divenir altro.
quadro, come è stato denso questo silenzio fra me e te nell'ultimo periodo, pensaci.

 

mercoledì 10 febbraio 2010

la zia

Ok, questo ha veramente il gusto della bassa aneddottica, ma ho capito dove prende le idee Palhaniuk:
(Leggete e cancellate...)

Nel 1985 un ragazzo americano, per alleviare un forte sentimento di depressione decise di mettersi un petardo nel culo. Fece un tubo di carta lungo sei pollici e se lo infilò nell'ano. Prese un petardo con la miccia lunga, l'accese e lo lasciò scivolare nel retto. Dove esplose.
Cambiò subito umore, dissero i medici che lo ricoverarono.

Un altro ragazzo, 26 anni, nel 1997, in preda a un'insostenibile curiosità, si procurò una pistola per la colla e si sparò nell'ano un buon quantitativo di colla calda per l'edilizia. Sembrava non avere alcun sintomo a parte una leggera tensione all'addome.
Divenne un caso interessantissimo per i medici che dovettero sciogliere la massa resinosa che si trovava nel retto.

sarà

l'ho letto. lo giuro. e non era il taglio basso del corriere. è una di quelle storie che a inventarla non ci si riesce. quanto si dice che la realtà supera di gran lunga la fantasia. sara, questo il nome della sventurata, è una americana che è stata violentata su commissione (del suo ex, ex marine) da un tale il quale ovviamente si è professato innocente. e forse, in qualche senso, lo è anche. sentite come sono andati i fatti: lei molla lui, lui (l'ex parà) per vendicarsi posta un annuncio a suo (di lei) nome di sesso estremo nel quale ricerca di esaudire il suo sogno erotico per eccellenza: essere stuprata (consenziente, però) da uno sconosciuto a casa sua, dopo essere stata legata.
un altro lui abbocca, scambia con lei (cioè lui, cioè l'ecs) una serie di mail molto dettagliate: dove vivo, dove tengo le chiavi di casa, come è fatta la casa, a che ora mi trovi, etc etc. tutti dati, ovviamente, stra-noti al suo ex. ed ecco che la sua (di lui, questa volta) fantasia si realizza. Il secondo va e fa quello che deve. E più lei gli chiede pietà, tanto più lui sta al suo (in questo nel doppio senso, di lei, e del primo lui, e forse anche del secondo) gioco. quando lo hanno arrestato, perché non è stato molto difficile risolvere il caso, lui, lo stupratore, si è professato innocente. lui non ne sapeva nulla. e il fatto che lei dicesse di no, faceva parte del suo disegno. avesse saputo. sarà.

martedì 9 febbraio 2010

saluto ai supersonici

oggi più veloci del suono
dopodomani della luce
muteremo il suono in tartaruga
e la luce in lepre
di antica parabola onorati animali
nobile coppia in gara
da sempre
correvate, correvano
per questa bassa terra

provate a gareggiare in alto nel cielo
via libera
non vi saremo d'intralcio nella corsa:

per seguire noi stessi
primi ci alzeremo in volo


ps: non è mia. mi piacerebbe potermi vantare. ma no. non è mia. l'ho trovata fresca di inchiostro alla stampante del reparto creativo. me ne sono appropriato, dicendo: non può, non può, averlo scritto un copy, questa meraviglia. ho scoperto poi che è del premio nobel 1996 polacco, tal W. Szymborska. di cui, lo ammetto, non immaginavo nemmeno l'esistenza. se la cercate su google la potrete anche ammirare in tutta la sua bellezza. annata 1923. http://en.wikipedia.org/wiki/Wis%C5%82awa_Szymborska

venerdì 5 febbraio 2010

L'anno dell'uragano - ed. Fanucci - economica

Una delle fucilate più dure e più secche di Joe Lansdale
comincia così:


18.30

In un pomeriggio più caldo di due ratti che trombano in un calzino di lana, John McBride, uno e ottantacinque abbondanti, quasi cento chili, le manone come prosciutti, un fisico da cinghiale selvatico e un carattere dello stesso genere, arrivò all'isola di Galveston col traghetto che veniva dalla costa del Texas; aveva una sei colpi sotto il soprabito e un rasoio in una scarpa.



(poco più di cento pagine scritte come una furia.
se avete mezzo pomeriggio libero, merita la cavalcata.)

martedì 2 febbraio 2010

this-ordine

andiamo con disordine.

lo scrivo sin da subito perché a differenza delle altre volte, poche, non so (bene) che cosa scriverò.

inizio però col dire una cosa che mi è invece assai chiara. ed è che la logica analitica che vedo qui ai suoi esordi, ha l'effetto di respingermi al mittente. in quanto tale.

mi spiego meglio: io non credo di avere qualcosa di intelligente da dire. questo, in assoluto. e non lo scrivo per sentirmi dire il contrario o per sentirmi accusare di pensare il contrario. con tutta l'umiltà di cui posso essere portatore, dico semplicemnte che non credo di avere (da scrivere) delle verità in merito a nulla. tantomeno sulla rete o sui blog o. non intendo scrivere affinché qualcuno, grazie e attraverso di me e di noi, si formi. in termini tecnici, culturali, pedagogici. un po' per l'assenza di idee, un po' (tanto) per la totale mancanza di conoscenze e letture relative, un po' perché non ho mai creduto che questo blog nascesse per questo. e anche questo iniziare a disquisire che cosa è e soprattutto cosa non è questo blog mi fa tanto blog decadente. proprio quelli che tu, come noi, non ami.

attenzione però: il fatto che io non creda di avere qualcosa di intelligente, in senso stretto, da dire, non significa che io non creda al contrario di avere e di voler scrivere di qualcosa. e di volervelo dire. perché siamo amici. quello, sì mi ispira. come dice keith richards: ci sono di sicuro chitarristi più bravi di me, più veloci, più tecnici, quello che volete. ma nessuno, nessuno suona come me.
io sono io non è la scusa che mi permette di dire tutto quello che voglio, ma io sono io, in una relazione, la nostra, mi lascia libero, mi fa sentire libero di esprimermi.
ecco, nell'espressione, e nella sua libertà, invece, trovo qualcosa che mi attrae.

questo da un lato. perché, dall'altro, il ricorso e la necessità all'esplorazione verbale e condivisa della mia propria espressione, mi spinge ad appassionarmi alla vostra. seguire quello che voi notate, seguire quello che voi pensate, quello che vi anima, quello che vi ispira è per me già qualcosa per cui valga la pena. quindi lo spazio è libero. non è guidato. è espressivo, non necessariamente saggistico. è bello anche se scriviamo di nulla. di un nulla però che vogliamo che e uno e l'altro, in primis, sappiano. perché è il nostro desiderio. la logica è quella del regalo, del dono, dello scambio, e quindi anche dell'errore.

in altri termini, diciamo che se avevo un'aspettativa, era quella di un blog splendente. di spunti, di contatti, di idee, di relazioni. assolutamente e privatamente nostre. sì, un blog capace di rischiarare le nostre giornate, ravvivare le nostre amicizie, scaldare dita e minuti rispettivamente nello scrivere piuttosto che nel leggere. mi sembrava già qualcosa. e tanto.
anche con delle idee. certo. ci mancherebbe.

ci scrivi che tu non hai mai letto nulla che ti abbia cambiato la vita (culturale, o meglio, professionale, forse perché in te le due cose, più che in noi, tendono a coincidere. ed è un fatto legato al mestiere che fai. e non aggiungo qui un bell'emoticon con la faccina che sorride, perché lo scrivo solo con l'intento di (far) notare un aspetto cui, non avevo mai pensato). può essere. probabilmente è così.
ma io nella cartoleria dove non ho mai messo piede ci sono stato ora.
e di quel film che non ho mai visto ho voglia e così via.

così come, magari, però, qualcun altro, leggendoci, si farà un'altra idea su qualunque argomomento. magari non ne saprà di più in senso alto, ma, ed è un augurio enorme quello che sto per scrivere, della vita. tutt'al più la nostra.

trovo piuttosto che il blog ci costringa a una scrittura saporita ma assolutamente puntuale. quindi diversa, ponderata, espressiva, colorata. la chiarezza espositiva, quella sì, ci è imposta. e a volte, lo confesso, nel leggere mi perdo. e non mi piace. perché magari è proprio in quello spazio che c'era qualcosa da capire. di tuo. di mio. di nostro.

tutta la conoscenza dal mio punto di vista ha una componente fortemente privata e personale. ed è quella che vorrei venisse fuori. anziché porre domande, scriviamo idee. (una cosa comporta anche l'altra, beninteso, ma vorrei prima un pensiero e poi una domanda e non una domanda che presuppone di essere un pensiero) se sono quelle che in quel momento di ti sgorgano. scriviamo (di) emozioni, se sono quelle che vorremmo condividere. scriviamo (di) aneddoti se magari, parlo per me, è l'unica cosa (preferita) che credo di saper scrivere. È questo scrivere, la sua singolare (in tutti i due sensi) necessità, ad essere, e tagli di scrittura, per ora, così credevo di aver capito, il senso di questo blog. anche perché così ci è stato presentato e venduto (mi scuso per il verbo). voglio dire: non mi sento in grado di dar vita a un blog altro quando non so nemmeno se sono in grado di scrivere un blog qualunque. non so a chi cambierà la vita quello che scrivo, ma spero che chi lo leggerà avrà qualcosa dal suo tempo speso su queste lettere. fosse anche un, ma tu guarda. o: magari me lo vado a vedere anch'io.



ps: un piccolo inciso: quello che trovo che davvero si perda è il fatto che i commenti a quello che scriviamo non compaiano, se non andando a rovistare. quello è un peccato. perché è lì che si situa la possibilità di uno scambio che si palesa per il significato che può avere.

lunedì 1 febbraio 2010

O decadenza assolta?

1.
La scrittura in rete vive di realtà diverse. Quella che va per la maggiore è quella che aderisce al solco della comunicazione giornalistica, prima nella striscia, poi nella news e a seguire nell'articolo di qualsiasi cronaca. Il successo web di questo tipo di comunicazione si spiega con il tipo di fruizione che l'utente medio ha della rete: improvvisa, occasionale, frammentata, intrattenente. A consumazione rapida. Questo perchè il web - spinto dagli interessi dei grossi imperi editoriali e da realtà più periferiche che tuttavia aspirano al medesimo status di centralità - si è via via configurato sul modello ibrido televisone-supermarket addizionato dalla personalizzazione del on-demand.
Avrebbe potuto essere: ottengo ciò che voglio. Mentre si sta stabilizzando come: ottengo ciò che mi si offre.
Non dimentichiamo che mentre il primo pubblico del web era un pubblico di nicchia - culturalmente di nicchia - adesso è un pubblico massivo e soprattutto migrante dalla televisione.
La blogosfera - che per una piccola parte è davvero l'espressione di autori informati e attenti - per gran parte è l'estensione del dominio dei social network, un luogo di piccole, minute rivendicazioni strettamente personali. Il nuovo dominio di estensione della lotta.

Poi ci sarebbero da fare anche considerazioni prettamente tecniche legate alla natura del mezzo.
Non si legge una pagina video come si legge una pagina cartacea. Proprio non ce la si fa (nessuno che io conosca ha mai letto un libro di 300 pagine a video). Non ancora, quanto meno.
Tuttavia ho avuto in mano un Kindle di Amazon (che tra parentesi sta andando molto bene. il Kindle, e vende migliaia di ebook) e devo dire che la qualità della lettura è veramente del tutto simile alla carta, con in più la possibilità di portarsi in giro qualche centinaio di libri in un foglio grande quanto una grossa moleskine. Ecco, se la stessa tecnologia - l'inchiostro elettronico - dovesse essere usata su larga scala, web compreso, cambierebbe qualcosa? Non lo so, ma quando si considera uno strumento tecnologico occorre valutare sempre i limiti intrinsici del mezzo e di come questi influenzino la sua natura. Voglio dire, quando riflettiamo sui contenuti del web e sull'esperienza che innescano, dobbiamo anche riflettere sul modo in cui il web - materialmente - oggi ci viene offerto e sui cambiamenti - rapidi - a cui può andare incontro.
I libri sono uno strumento stabilizzato. Il web è ancora molto mobile, e suscettibile di cambiamenti che possono mutarne la sostanza.
Chiaro, non è questo il punto definitivo del discorso, ma è un punto che occorre aver ben presente. Soprattutto è un punto su cui molti che si occupano di indagare l'esperienza della rete tengono in nessun conto.

2.
Lo scrittore letterario si misura costantemente con il Tempo.
Il tempo lungo della scrittura, il tempo lungo dell'editing, il tempo lungo della pubblicazione, il tempo lungo della lettura.
Dopo tutto questo tempo, la seduzione dello scrittore letterario non porta quasi mai a un coito. Al più sfocia in un matrimonio bianco.

L'autore on line si misura con l'istantaneità (la Presentificazione): la seduzione deve essere veloce, furba, scattante, incursiva. Il coito (nella forma di commento e di contatto numerico) è il risultato perseguito e atteso.
Il tempo della scrittura spesso si parifica a quello della lettura, in rete.
In questo l'autore on line, istantaneo ed esposto, si rende sempre più simile all'attore, e il suo gesto si avvicina sempre più alla performance.
Mi sento di dire che "l'erotizzazione nella scrittura in rete" sia in gran parte di stampo pubblicitario, per immediatezza e allusioni. Ma al contrario della pubblicità - che ricorre anche a matrici emozionali - la seduzione della scrittura on line è puramente intellettuale, ammiccante, ironica, barzellettiera.

In generale, chiaro.
Sono io il primo a dire di aver letto, in rete, la produzione di alcuni poeti altrimenti introvabili.
Il saggio sul NIE è stato pubblicato - gratis - online dai signori WuMing sull'omonimo sito, e solo grazie alle tante letture on line se n'è fatta una versione cartacea - a pagamento.
E di esempi ne posso fare altri e numerosi.
Ecco, forse allora mi sbaglio di grosso, nel senso che quando parliamo di Web a cosa ci riferiamo? Esiste il mainstream sul web?
Oppure semplicemente quelli che prima leggevano adesso vanno a cercarsi i siti dove trovano testi densi e corposi, e quelli che prima non leggevano adesso cliccano sugli articolini di pseudo giornalismo?
E se è così, non è forse sempre stato così?

(Io penso che il web avrebbe potuto essere una realtà migliore di quella attuale. Ma penso anche che eravamo troppo pochi a desiderarlo.)

bi/sogni d'amore

lo sguardo del pubblico del teatro è massimamente erotizzante?
la comunicazione teatrale è massimamente erotica?
da qui viene l'infinito bisogno d'amore dell'attore?
che tipo di erotizzazione vive allora nella scrittura in rete?
lo scrittore letterario vive di uno sguardo erotico diverso nella relazione con il suo lettore?

domenica 31 gennaio 2010

decadenza assoluta

ciò che intendevo dire non era: squalifichiamo la tendenza diaristica.
piuttosto mi sembra che questa forma particolare di spazio bianco sia strutturalmente legata più alla scrittura dell'atto che all'atto della scrittura.
e se dovessimo spingerci dove baricco non si spinge mai, ossia nel next del reale, potrei addirittura dire che per me, che non sono una parte reale e attiva della rete - per indole e per deficienza da XX secolo - la pubblicazione in rete presenta uno spazio di decadenza assoluta, perciò legata a filo doppio col vissuto piuttosto che con l'evento.
ecco allora una domanda per me interessante: esiste qualcosa di scritto in rete che abbia mai davvero inciso sulla mia esperienza? tendo a rispondere con un no, anche pensandoci con amore.

ci può anche essere un corollario: michele - uno dei tre che scrivo in questo quadro - diceva che una cosa divertente è, conoscendo chi scrive, riconoscere chi scrive da che cosa scrive. non abbiamo ancora pensato a firmarci. non necessità di una reale intimità e di un'intima curiosità, fra noi. d'altra parte la questione dell'autorialità potrebbe essere legata con questa, presunta, decadenza assoluta?
so bene che ci sono cose che si possono leggere solo grazie alla rete, quindi può darsi che la domanda sia stupida, ma si tratta di accesso alle informazioni - rispetto alle quali credo che la rete sia insostituibile soprattutto per le immagini più che per la scrittura? - o si stratta di qualcosa d'altro? non si tratta forse di una qualità di produzione di esperienza che passa solo dalla scrittura solo quando la scrittura... fa che cosa?